Thursday, December 18, 2008

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Microscopio ottico Leica di struttura moderna: 1 - Tubo verticale per fotografia; 2 - Testa binoculare; 3 - Stativo; 4 - Revolver porta obbiettivi; 5 - Tavolino portaoggetti; 6 - Condensatore; 7 - Manopole di messa a fuoco; 8 - Sorgente di luce.

Il microscopio (dal Greco: μικρόν (micron) piccolo e σκοπεῖν (skopein) guardare) è uno strumento che consente di risolvere e ingrandire oggetti di piccole dimensioni per permetterne l'osservazione diretta o indiretta tramite fotografia e sistemi elettronici. Può essere ottico, e quindi basato sull'osservazione nell'ambito dello spettro elettromagnetico della luce in senso lato, elettronico basato sull'osservazione tramite fasci di elettroni, o di altro tipo.

I primi strumenti efficaci vennero prodotti in Olanda alla fine del XVI secolo, ma l'invenzione vera e propria è tuttora controversa.

Caratteristiche generali [modifica]

Potere risolutivo [modifica]

Il potere risolutivo di un microscopio è la distanza minima alla quale due punti risultano distinti. In prima approssimazione, e non tenendo conto di effetti aberrativi, possiamo considerare che la relazione che lega il potere risolutivo (d o distanza tra due punti tra loro risolti), l'apertura numerica di un sistema ottico (tutto il sistema) e la lunghezza d'onda della radiazione utilizzata sia:

d = \frac { \lambda } { 2 A_N }

Questa relazione è generalmente nota come principio di Abbe.

Per un microscopio ottico in luce visibile d raggiunge i 0,2 micron, il microscopio elettronico giunge a 0,1nm.

Ingrandimento [modifica]

Si definisce tale il rapporto tra le dimensioni dell'oggetto originale, e quelle dell'immagine ottenuta. L'ingrandimento lineare o angolare (da non confondersi con quello areale o di superficie, alle volte utilizzato), in caso di microscopi composti è dato da:

\mathrm{MA}=M_o \times M_e

dove Mo è l'ingrandimento dell'obiettivo e Me quello dell'oculare. l'ingrandimento obiettivo dipende dalla sua lunghezza focale fo e dalla distanza d tra il piano focale posteriore dell'obiettivo e il piano focale dell'oculare.

M_o={d \over f_o}.

d viene chiamato anche lunghezza ottica del tubo, fissa, e nei moderni strumenti ottici generalmente di 160 mm. Da notare che gli obiettivi devono essere progettati per una data lunghezza ottica di utilizzo (riportata sull'obiettivo stesso). Anche l'ingrandimento oculare dipende dalla sua lunghezza focale fe e può essere calcolato dalle normali equazioni delle lenti di ingrandimento.

In pratica per calcolare l'ingrandimento al quale si osserva un campione si moltiplica quello proprio dell'obiettivo per quello dell'oculare. Tale ingrandimento è quello dell'immagine visibile, idealmente riportata sul piano in cui giace il camipione stesso e cioè alla distanza tra quest'ultimo e l'occhio dell'osservatore. Diversa è la situazione se l'immagine viene raccolta su di uno schermo o una lastra fotografica: in questo caso è necessario tenere conto dell'altezza dello schermo (o pellicola) rispetto all'oculare e l'ingrandimento sarà quello risultante sul negativo. In questi casi conviene sempre usare un vetrino micrometrico, per avere un sicuro termine di paragone. Con i migliori obiettivi ed oculari e nelle ideali condizioni di illuminazione l'ingrandimento utile del microscopio ottico può raggiungere i 1000 - 1500 diametri (1000 - 1500 X).

Aumentando il tiraggio del tubo o proiettando l'immagine su di uno schermo lontano si potrebbero raggungere ingrandimenti molto maggiori ma il potere risolutivo che, come abbiamo visto sopra, è funzione della lunghezza d'onda della luce visibile, non ne sarebbe in alcun modo incrementato.

Aberrazioni [modifica]

Le principali aberrazioni, difetti del sistema nel formare un'immagine nitida e risolta, che affliggono i microscopi, e le loro eventuali correzioni si possono riassumere in:

A seconda della branca di microscopia considerata, tali difetti saranno più o meno rappresentati. Ad esempio utilizzando radiazione di una sola lunghezza d'onda, non avremo aberrazioni di tipo cromatico.

Costituenti [modifica]

Il microscopio è formato da una parte meccanica, e una parte ottica.

Parte meccanica [modifica]

La parte meccanica deve essere robusta e relativamente pesante per consentire la necessaria stabilità al sistema. Lo stativo rappresenta il corpo principale del microscopio ed ha la funzione di fare da supporto ai meccanismi di movimento e di messa a fuoco ed alla parte ottica.

La parte meccanica del microscopio alloggia anche il sistema di illuminazione, in caso di sistemi con illuminazione incorporata. Il preparato da osservare si pone sul tavolino portaoggetti, dotato di un carrello traslatore per mezzo del quale il preparato può essere spostato agevolmente eventualmente con movimenti meccanici micrometrici nelle direzioni destra-sinistra e avanti-indietro. Al di là del tavolino portaoggetti, verso l'illuminazione si trova un supporto meccanico che ospita il condensatore ed il diaframma di apertura. Ancora oltre, prima dell'illuminatore, si trova il diaframma di campo. Il microscopio deve essere dotato di un sistema molto accurato di messa a fuoco sia del preparato che del sistema di illuminazione. Il tavolino portaoggetti viene spostato verticalmente rispetto all'obiettivo tramite i comandi di messa a fuoco macrometrici e micrometrici (o alternativamente si può spostare l'ottica rispetto al tavolino). Il condensatore focalizza correttamente l'illuminazione sul preparato, il collettore focalizza la sorgente luminosa in un particolare piano ottico del condensatore.


Obbiettivi per Microscopio ottico: il primo a sinistra è un Koristka dei primi anni del Novecento. Gli altri sono moderni.

Oculari Galileo e Leitz per Microscopio ottico

Parte ottica [modifica]

La parte ottica è formata da tre o quattro sistemi di lenti e dalla sorgente, che, in caso di sistemi composti a radiazione trasmessa, partendo dalla base del microscopio, sono:

  • la sorgente luminosa
  • il collettore della sorgente o condensatore di campo, col diaframma di campo
  • il condensatore con il diaframma di apertura
  • l'obiettivo
  • l'oculare.

La porzione di microscopio nella quale vanno posizionati gli obiettivi multipli, se presente, che possono essere scelti in base all'ingrandimento voluto, si chiama revolver.

Tipologie [modifica]

I microscopi si dividono principalmente, a seconda della sorgente adoperata per l'illuminazione del campione, in microscopi ottici, microscopi elettronici, microscopi di altro tipo:

  • Il microscopio ottico utilizza come sorgente la luce (intesa in senso generale come radiazione elettromagnetica dal vicino infrarosso all'ultravioletto, anche se i microscopi più diffusi utilizzano proprio la radiazione visibile), ha risoluzione tipicamente minore rispetto al microscopio elettronico, ma è generalmente economico e fornisce immagini a colori anche di organismi viventi. Con il microscopio ottico si possono ad esempio distinguere i batteri. Una descrizione a sé merita tuttavia lo SNOM (Scanning Near-Field Optical Microscope), descritto in seguito, che permette di raggiungere risoluzioni fino a 10 nm.
  • Il microscopio elettronico utilizza come sorgente un fascio di elettroni di un certo potenziale, ha risoluzione molto maggiore di quello ottico e permette di rilevare, oltre all'immagine, anche numerose altre proprietà fisiche del campione, ma è molto complesso e costoso, deve funzionare in assenza d'aria, inoltre non fornisce immagini in vivo. Le immagini, ottenute al di fuori del campo del visibile, possono essere in bianco e nero o a falsi colori. Permette con i maggiori ingrandimenti di distinguere gli atomi.

Data la vastità dell'argomento quella che segue è solamente una sintesi. Per l'approfondimento si rimanda alle specifiche singole voci.

Microscopi ottici [modifica]

Il microscopio ottico (LM) tradizionale (LM acronimo di (EN) light microscope) è il più semplice. Per mezzo di lenti ingrandisce l'immagine del campione, illuminato con luce nell'intervallo spettrale del visibile.
Può essere semplice (un solo sistema di lenti o addirittura una sola lente) o composto (almeno due sistemi, oculare ed obiettivo), e l'illuminazione può raggiungere il campione da dietro, attraversandolo (luce trasmessa), o esserne riflessa (luce riflessa). Il microscopio ottico permette di avere immagini di soggetti dimensionalmente collocati all'incirca tra il millimetro ed il micrometro, anche di esseri viventi. I primi esempi di ingrandimento ottico datano migliaia di anni e risalgono alle civiltà mesopotamiche. Nel 1648 Antoni van Leeuwenhoek osservò e descrisse numerosi microorganismi, utilizzando un microscopio semplice, inizialmente dotato di pochi ingrandimenti e poi perfezionato fino a raggiungerne alcune centinaia (275 accertati, 500 ipotizzati). Nel 1665 Robert Hooke, utilizzando una forma molto rudimentale di microscopio ottico composto, con un limitato potere di ingrandimento ed osservando il sughero vide e descrisse per la prima volta la struttura cellulare propria di tutti i viventi.

Microscopio semplice a luce trasmessa [modifica]

Come nei primi esemplari di van Leeuwenhoek si tratta di una semplice lente o sistema di lenti (un doppietto frequentemente) con una serie di supporti per il campione ed un sistema elementare di spostamento dell'ottica per la messa a fuoco.

Microscopio semplice a luce riflessa [modifica]

Come il precedente, l'illuminazione in questo caso è frontale o laterale, il caso tipico è la lente contafili in uso in filatelia e nel controllo dei filati dell'industria tessile.

Microscopio composto a luce trasmessa [modifica]

È un microscopio che, per vedere i particolari del campione utilizza luce trasmessa attraverso lo stesso, proveniente da una piccola lampadina incorporata, o indirizzata tramite uno specchio da una sorgente esterna (nei primi esemplari storici luce diurna o luce proveniente da una candela o lampada ad olio). Negli esemplari di uso corrente la sorgente più convenientemente utilizzata è una lampada alogena. Da notare che nei microscopi composti, in genere senza particolari accorgimenti l'immagine osservata risulta invertita.

Microscopio composto a luce riflessa [modifica]


Stereomicroscopio a basso ingrandimento. Permette la visione stereoscopica del campione ed è usato per studi di Sistematica, per piccole dissezioni, per la conta delle colonie batteriche e per la preparazione dei pezzi da osservare poi con gli altri più potenti tipi di microscopio. Questo strumento è anche molto usato nele indagini della Polizia scientifica.

Come il precedente, l'illuminazione in questo caso proviene dall'alto, tramite diversi sistemi. Focalizzazione della sorgente tramite specchi, sistemi a fibre ottiche, LED, epi-illuminazione (che sfrutta lo stesso obiettivo anche per illuminare il campione).

Stereomicroscopio [modifica]

Microscopio che si avvale in realtà di due diversi e distinti microscopi, in generale composti ed a basso ingrandimento, formanti tra loro un certo angolo. L'osservazione produce un'immagine tridimensionale, come la visione diretta, eliminando l'effetto di appiattimento tipico degli altri tipi di microscopi. In genere sono dotati di un sistema di prismi ottici per il raddrizzamento dell'immagine, e quindi l'eventuale manipolazione corretta del campione. Sono per questo utilizzati nell'industria (micro componentistica), nella dissezione, nella micro chirurgia ecc.

Microscopio a fluorescenza [modifica]

Strutturalmente esisterebbero sistemi a luce trasmessa e riflessa, ma per motivi tecnici i primi sono stati relegati ad usi limitati, su campioni opachi. La maggior parte della produzione ed uso prevede sistemi ad epifluorescenza. Questo tipo di microscopio serve per osservare preparati naturalmente fluorescenti, o legati con molecole fluorescenti o rese tali da particolari coloranti detti fluorocromi. Questi composti vanno selettivamente a legarsi con strutture cellulari definite.
La sorgente luminosa (alogena di alta potenza, lampada di wood, lampada ad arco e scarica di gas e più recentemente diodi LED ad alta efficienza e laser), che trasmette radiazioni ultraviolette, o comunque di bassa lunghezza d'onda nel visibile, eccita il preparato generalmente dall'alto (sistemi ad epifluorescenza). Le componenti del preparato emettono luce di lunghezza d'onda maggiore di quella emessa dalla sorgente luminosa. Questo fenomeno è conosciuto come fluorescenza.
Attualmente gli utilizzi più diffusi prevedono l'utilizzo di anticorpi specifici, appositamente prodotti per andare a legarsi con determinate molecole nel campione (che rappresentano l'antigene) utilizzando fluoresceina, rodamina, ed altre simili molecole come fluorocromo legato all'anticorpo per renderlo appunto fluorescente e visibile. Nell'osservazione è fondamentale l'utilizzo corretto dei filtri ottici per selezionare la giusta lunghezza d'onda di eccitazione, la giusta lunghezza d'onda di emissione visibile, e l'arresto della radiazione ultravioletta che danneggerebbe l'occhio dell'osservatore. Gli obiettivi microscopici usati per questo tipo di osservazione non devono contenere lenti che presentino fenomeni di autofluorescenza (come spesso succede per quelli alla fluorite), devono trasmettere l'ultravioletto (se in epifluorescenza, visto che l'illuminazione passa attraverso l'obiettivo), mente il grado di correzione cromatico è poco influente sulla qualità dell'immagine, per cui vanno generalmente bene le ottiche acromatiche.

Microscopio a contrasto di fase [modifica]

È un tipo particolare di microscopio che analogamente al microscopio a luce trasmessa lavora nel campo del visibile. Si basa sul fenomeno dell'interferenza luminosa.
Il preparato viene illuminato da un fascio luminoso in realtà suddiviso a livello del condensatore in due porzioni di fase differente e con diverso angolo di incidenza. Il cambiamento ulteriore di fase dovuto alla porzione di luce che attraversa il campione, andandosi a ricombinare con la luce non rifratta renderà visibili componenti trasparenti ma di indice di rifrazione differente da quello del mezzo. In campo biologico, la maggior parte dei componenti cellulari è trasparente alla luce visibile, anche a causa dell'elevata presenza di acqua, tuttavia vediamo che le radiazioni luminose una volta oltrepassata una componente o un organello cellulare, subiscono dei cambiamenti di fase che dipendono sia dallo spessore, sia dal diverso indice di rifrazione della struttura oltrepassata. Mediante il microscopio a contrasto di fase è possibile andare a determinare tali cambiamenti e convertirli in differenze di densità così da ottenere delle informazioni utili circa la composizione di cellule e tessuti analizzati. Questa tecnica di microscopia è molto utilizzata per andare ad osservare le cellule mantenute in vita in apposite colture in vitro; infatti tramite la microscopia a contrasto di fase si evita l'utilizzo di coloranti e fissativi che spesso comportano notevoli alterazioni strutturali ottenendo così dei dati molto più reali di quella che è l'organizzazione cellulare. La tecnica in questione fu messa a punto dal fisico olandese Frederik Zernike (Frits Zernike) negli anni '50 e gli valse il Premio Nobel per la fisica nel 1953.

Microscopio a contrasto interferenziale [modifica]

Analogamente al contrasto di fase è utilizzato per osservare strutture trasparenti non altrimenti visibili in campo chiaro. Combina effetti di interferenza e di polarizzazione e fornisce immagini più contrastate e con un effetto di tipo tridimensionale. Questo metodo di contrasto è conosciuto anche con il nome di "DIC" (differential interference contrast). Una delle due tecnologie più utilizzate è la Nomarski, dal nome dell'inventore della configurazione ottica che si ritrova in diffusi microscopi odierni a contrasto interferenziale.

Microscopio ad interferenza [modifica]

Si attua con due treni di onde completamente separate e tramite due diversi percorsi ottici: uno attraversa il preparato che lo sfasa, indi si incontra con il secondo non sfasato, dando luogo a fenomeni di interferenza. Queste forniscono notizie utili, anche quantitative, sui componenti presenti nel campione.


Microscopio Leica DMRX a luce incidente con componenti meccaniche e contatore automatico di punti Swift F per l'analisi della composizione organica di campioni di roccia e carbone.

Microscopio polarizzatore [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Microscopio polarizzatore.

Il microscopio polarizzatore sfrutta un fascio di luce polarizzata di dato orientamento che attraversa il corpo del preparato, posto su un tavolino rotante, per venire poi analizzato da un secondo filtro polarizzatore, anch'esso orientabile e in genere posto sul piano posteriore dell'obiettivo. Questo tipo di microscopio è molto utilizzato in petrografia, cioè nello studio delle rocce e dei minerali che le compongono. La microscopia in luce polarizzata utilizza onde ciascuna delle quali oscilla in un piano, detto piano di vibrazione o piano di polarizzazione che è perpendicolare alla direzione di propagazione dell’onda stessa. In un raggio di luce normale le onde oscillano in tutti i possibili piani. Definiamo polarizzato un raggio di luce formato da onde i cui piani di vibrazione sono tutti orientati in un’unica direzione, sono cioè paralleli fra loro.

Ultramicroscopio [modifica]

L'ultramicroscopio ed il microscopio in campo oscuro, sono microscopi ottici con un condensatore paraboloide, con pareti a specchio, o comunque munito di uno schermo anulare che ferma i raggi che illuminerebbero direttamente il preparato. Vengono raccolti dall'obiettivo solo i raggi che vengono opportunamente deviati (rifratti) oppure diffratti. La diffrazione (deviazione dei fotoni a onde decrescenti rispetto alla traiettoria principale) viene operata da particelle del preparato che abbiano dimensioni submicroscopiche comprese fra 0,1 micrometro e 1 nanometro, particelle che, pur sotto la soglia di risoluzione del microscopio, appariranno come punti luminosi su sfondo buio, senza dettagli morfologici (effetto Tyndall).

Microscopio confocale [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Microscopio confocale.

Immagine al confocale. La tubulina di alcune cellule di endotelio colorata in verde da anticorpi coniugati alla fluoresceina, la actina colorata da Texas red coniugato alla falloidina in rosso, ed il dna colorato in azzurro dal DAPI

Il Microscopio confocale si basa su una tecnologia ottica volta ad accrescere sensibilmente la risoluzione spaziale del campione, eliminando gli aloni dovuti alla luce diffusa dai piani fuori fuoco del preparato.

Esistono diverse tecniche per ottenere questo risultato: a disco rotante (Nipkow disk), Programmable Array Microscopes (PAM), e laser. Quest'ultimo tipo, il più diffuso e denominato CLSM, acronimo di confocal laser scanning microscope, è un evoluto microscopio a fluorescenza che permette di focalizzare con estrema precisione un laser sul preparato, aumentando notevolmente la risoluzione e la profondità di campo. La sua sorgente luminosa è costituita uno o più laser, generalmente a semiconduttore, per ogni diversa frequenza d'eccitazione. Il meccanismo di direzione del fascio luminoso viene gestito da sistemi computerizzati. Le immagini ottenute, sincronizzando col fascio di eccitazione il dispositivo di relazione, sono particolarmente definite e spettacolari, e possono permettere di evidenziare in diversi colori diverse molecole presenti nel preparato, permettendone di apprezzarne la tridimensionalità (esempio actina in rosso tubulina del citoscheletro in verde e dna del nucleo in blu).

Microscopio nell'ultravioletto [modifica]

Come si vedrà meglio nella descrizione del SNOM Il limite principale della microscopia ottica sta nella risoluzione massima, strettamente legata al fenomeno della diffrazione. Il criterio di Abbe limita la risoluzione massima a circa 0.5 λ/(n sin θ) per un sistema ottico avente apertura numerica n sin θ, che impieghi luce di lunghezza d’onda λ. Per luce nello spettro visibile essa si attesta circa a 0.2 µm, dati i limiti teorici imposti dalla massima apertura numerica di una lente. Un sistema per superare il limite è spostarsi su lunghezze d'onda nello spettro appartenente all'ultravioletto. Si riesce così ad incrementare notevolmente la risoluzione, ma i problemi tecnici derivanti dalla non visibilità dell'ultravioletto (occorrono schermi fluorescenti o la fotografia dell'immagine), alla trasparenza delle ottiche (in quarzo), ed alla dannosità della radiazione per gli organismi viventi, con l'avvento dei microscopi elettronici a basso costo hanno limitato molto ulteriori sviluppi di questo strumento

Microscopio a raggi X [modifica]

Tale microscopio è basato sull'emissione di radiazioni a raggi X. Viene utilizzato per studiare le strutture di particolari molecole o ioni presenti all'interno della cellula. Quando i raggi emessi attraversano le strutture cellulari subiscono delle diffrazioni che verranno impressionate su una lastra fotografica, apparendo come delle sfocate bande concentriche. Dalla differente disposizione di tali bande si potrà determinare la distribuzione atomica delle molecole all'interno dei tessuti analizzati.

Microscopi elettronici [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Microscopio elettronico.

Microscopio elettronico (TEM),Siemens del 1969. 1-cavo dell'alta tensione;2-emissione di elettroni; 3-motori di centraggio del raggio; 4-condensatori; 5-regolazione dei diaframmi; 6-portacampione; 7-obiettivo; 8-proiettori; 9-microscopio ottico stereoscopico; 10-schermo fluorescente; 11-tubi del sistema per produrre il vuoto; 12-spostapreparati; 13controllo del vuoto ed ingrandimenti; 14-manopole di messa a fuoco

Il microscopio elettronico "illumina" i campioni in esame, invece che con un fascio di luce visibile, con un fascio di elettroni, di lunghezza d'onda quindi più breve, e per il principio di Abbe permette di ottenere immagini con una risoluzione molto maggiore. Al contrario dei microscopi ottici utilizzano lenti magnetiche per deviare i fasci di elettroni (cariche elettriche in movimento, quindi sensibili al campo magnetico) e quindi ingrandire le immagini.

I microscopi elettronici sono molto costosi, devono operare in assenza d'aria (sotto vuoto), in assenza di vibrazioni e di campi magnetici. Inoltre hanno bisogno di correnti a tensioni molto elevate (almeno 5kV) e molto stabili.

Microscopio elettronico a scansione (SEM) [modifica]

Il microscopio elettronico a scansione, al contrario di quello a trasmissione, ricava l'immagine illuminando con un fascio di elettroni un oggetto anche relativamente grande (un insetto per esempio) e rilevando gli elettroni secondari riflessi, e può quindi fornire immagini 3D. Può analizzare solo oggetti conduttori o semi-conduttori. Gli oggetti organici devono quindi essere prima rivestiti con una sottile lamina metallica. Questo strumento ha la necessità di operare in condizioni di vuoto elevato: per questo è stato sviluppato il microscopio elettronico ambientale a scansione che, libero da questo vincolo, è in grado di analizzare campioni di materiale organico conservandone le condizioni di temperatura, pressione ed umidità.

Microscopio elettronico a trasmissione (TEM) [modifica]

Il microscopio elettronico a trasmissione fa attraversare un campione molto sottile (da 5 a 500nm) da un fascio di elettroni, quindi con un insieme di magneti (che funzionano come le lenti del microscopio ottico) ingrandisce l'immagine ottenuta che viene infine proiettata su uno schermo fluorescente rendendola visibile. Dà immagini della struttura interna dell'oggetto esaminato, al contrario del SEM che ne dà solo la superficie, ma permette si ottenere solo immagini 2D. Raggiunge i nanometri, permettendo di vedere anche le molecole più piccole.

Ulteriori miglioramenti hanno prodotto il HRTEM (high resolution trasmition electron microscope), con cui è stato possibile distinguere i singoli atomi di litio in un composto.

Microscopio elettronico a diffrazione [modifica]

Microscopio elettronico ad emissione di campo [modifica]

Microscopi a scansione di sonda (SPM) [modifica]

Microscopio a scansione per effetto tunnel (STM) [modifica]

Questo particolare tipo di microscopio consente di analizzare la superficie di un campione conduttore o semiconduttore drogato utilizzando, come sensore, una punta cresciuta su di un cristallo singolo di tungsteno e rastremata alla sommità fino allo spessore di qualche atomo: a questa punta, posta ad una distanza molto ravvicinata dal campione, viene applicata una piccola tensione (i.e. dell'ordine del volt) rispetto al campione. Data la particolare conformazione del sensore, si ha la certezza che gli elettroni fluiranno tutti dalla punta verso il campione (o vice-versa) per effetto tunnel. Poiché la corrente, a parità di tensione applicata, varia con la distanza della punta del sensore dalla superficie del campione, è possibile tramite un processo di retroazione mantenere costante tale distanza, muovendo la punta sull'asse ortogonale alla superficie del campione con la precisione garantita da un attuatore piezoelettrico. Effettuando quindi una scansione su tutta la superficie del campione e registrando punto per punto i valori della corrente, è possibile ricostruirne un modello tridimensionale. Mediante tale tecnica, si riesce a raggiungere precisioni molto elevate, fino a 4 Å.

Microscopio ottico a scansione in campo prossimo (SNOM) [modifica]

La microscopia ottica è stata la prima a nascere ed ancora oggi è la più popolare ed usata per via della sua semplicità ed immediatezza nell’interpretazione dei risultati. Il limite principale di questo tipo di microscopia sta nella risoluzione massima ottenibile che è strettamente legata alla diffrazione. Il cosiddetto criterio di Abbe limita infatti la risoluzione massima a circa 0.5 λ/(n sin θ) per un sistema ottico avente apertura numerica n sin θ, che impieghi luce di lunghezza d’onda λ. Per luce nello spettro visibile essa si attesta sui 0.2 ÷ 0.4 µm, circa due ordini di grandezza più grande rispetto alle tecniche di microscopia moderne non ottiche. Nel 1928 E. H. Synge, in una discussione con Albert Einstein, propose lo schema di un nuovo microscopio, il microscopio ottico a scansione in campo prossimo, SNOM (Scanning Near-Field Optical Microscope), che superava il limite di diffrazione: il campione doveva essere illuminato attraverso una piccolissima apertura avente dimensioni molto minori della lunghezza d’onda della luce impiegata, posta a distanze z << λ dalla sua superficie, nel cosiddetto campo prossimo (near-field); la luce raccolta da sotto il campione (nel far-field) contiene informazione relativa ad una piccola porzione di superficie delle dimensioni dell’apertura di illuminazione. I primi a superare il limite di diffrazione usando luce visibile furono Pohl et al. all'IBM di Zurigo sfruttando parte della tecnologia già adoperata nel microscopio a scansione ad effetto tunnel (STM); usando radiazione a λ = 488 nm ottennero risoluzioni di 25 nm ovvero di λ/20. L’illuminazione del campione veniva fatta focalizzando la luce di un laser su un cristallo di quarzo appuntito che guidava la luce nella parte terminale ricoperta da un film di alluminio che presentava un’apertura di qualche decina di nm dalla quale fuoriusciva la luce. Le sonde utilizzate oggi sono delle fibre ottiche monomodo appuntite con un’apertura terminale di 50 ÷ 150 nm e ricoperte da un sottile strato di alluminio, che serve a convogliare una maggiore quantità di luce sull’estremità per effetto punta. Le punte vengono prodotte stirando le fibre con delle apposite ”micropipette pullers”, riscaldando il punto dove si vuole ”rompere” mediante il fascio focalizzato di un laser a CO2; altre tecniche di attacco chimico di fibre ottiche in HF, consentono di formare strutture appuntite di geometria variabile e controllata. Un film di Al (tipicamente uno spessore di 1000 Å) viene depositato per evaporazione sulla fibra in rotazione attorno al suo asse, angolata di circa 30◦ rispetto all’orizzontale, in modo la lasciare un’apertura non ricoperta di diametro variabile dai 20 ai 500 nm. Più recentemente, l'impiego di punte metalliche (oro, argento) con raggi di curvatura apicali dell'ordine dei 10 nm, consente di raggiungere risoluzioni spaziali sub-10 nm nello spettro visibile. L'effetto fisico alla base di questo tipo di sonde è l'amplificazione di campo (field enhancement) legato da un lato alla geometria della sonda (punta, effetto parafulmine) che alle proprietà elettroniche dei materiali (oscillazioni collettive di elettroni, surface plasmons) che consentono di ottenere fattori di enhancement fino a 10^6.

Microscopio a forza atomica (AFM) [modifica]

Il microscopio a forza atomica permette di effettuare analisi non distruttive di superfici, con una risoluzione inferiore al nanometro (un miliardesimo di metro). Una sonda di dimensioni dell'ordine del micrometro (un milionesimo di metro) esplora la superficie da analizzare, a contatto o a brevissima distanza da essa (circa 10 angstrom). Interagendo con gli atomi del campione, per effetto delle forze di Van der Waals, subisce microscopiche deflessioni che, attraverso un sensibilissimo dispositivo (leva ottica), vengono tradotte nei dettagli di un'immagine topografica della superficie del campione. Rispetto allo Scanning Electron Microscope (SEM) e allo Scanning Tunnelling Microscope (STM), il microscopio a forza atomica ha il vantaggio di consentire analisi non distruttive e di adattarsi anche a campioni di materiale non conduttore. Tipicamente viene impiegato per esaminare wafer semiconduttori, compact disc e altri supporti magnetici.

Altre tipologie di microscopio [modifica]

Microscopio ionico [modifica]

Il microscopio ionico si colloca sulla stessa falsariga teorica che permette di passare dal microscopio ottico al microscopio elettronico, ma utilizzando fasci di ioni invece che di elettroni; ricordando poi la relazione fondamentale della meccanica ondulatoria: \lambda =   {h\over\ mv }
esposta da de Broglie nel concetto di dualismo onda-particella, è evidente che aumentando la massa m delle particelle illuminanti il campione diventa possibile lavorare con lunghezze d'onda associate minori che permettono quindi, per il principio di Abbe, risoluzioni ancora maggiori.

Un esempio di microscopio ionico è dato dallo SHIM, acronimo di Scanning Helium Ion Microscope.


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弊社は専門なエンドミルの製造メーカーで、客先に色んな分野のニーズ

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弊社は各領域に供給できる内容は:

(1)精密HSSエンドミルのR&D

(2)Carbide Cutting tools設計

(3)鎢鋼エンドミル設計

(4)航空エンドミル設計

(5)超高硬度エンドミル

(6)ダイヤモンドエンドミル

(7)医療用品エンドミル設計

(8)自動車部品&材料加工向けエンドミル設計

弊社の製品の供給調達機能は:

(1)生活産業~ハイテク工業までのエンドミル設計

(2)ミクロエンドミル~大型エンドミル供給

(3)小Lot生産~大量発注対応供給

(4)オートメーション整備調達

(5)スポット対応~流れ生産対応

弊社の全般供給体制及び技術自慢の総合専門製造メーカーに貴方のご体験を御待ちしております。

Bewise Inc. talaşlı imalat sanayinde en fazla kullanılan ve üç eksende (x,y,z) talaş kaldırabilen freze takımlarından olan Parmak Freze imalatçısıdır. Çok geniş ürün yelpazesine sahip olan firmanın başlıca ürünlerini Karbür Parmak Frezeler, Kalıpçı Frezeleri, Kaba Talaş Frezeleri, Konik Alın Frezeler, Köşe Radyüs Frezeler, İki Ağızlı Kısa ve Uzun Küresel Frezeler, İç Bükey Frezeler vb. şeklinde sıralayabiliriz.

BW специализируется в научных исследованиях и разработках, и снабжаем самым высокотехнологичным карбидовым материалом для поставки режущих / фрезеровочных инструментов для почвы, воздушного пространства и электронной индустрии. В нашу основную продукцию входит твердый карбид / быстрорежущая сталь, а также двигатели, микроэлектрические дрели, IC картонорезальные машины, фрезы для гравирования, режущие пилы, фрезеры-расширители, фрезеры-расширители с резцом, дрели, резаки форм для шлицевого вала / звездочки роликовой цепи, и специальные нано инструменты. Пожалуйста, посетите сайт www.tool-tool.com для получения большей информации.

BW is specialized in R&D and sourcing the most advanced carbide material with high-tech coating to supply cutting / milling tool for mould & die, aero space and electronic industry. Our main products include solid carbide / HSS end mills, micro electronic drill, IC card cutter, engraving cutter, shell end mills, cutting saw, reamer, thread reamer, leading drill, involute gear cutter for spur wheel, rack and worm milling cutter, thread milling cutter, form cutters for spline shaft/roller chain sprocket, and special tool, with nano grade. Please visit our web www.tool-tool.com for more info.

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